4 Ottobre 2020

Questioni dionisiache oltre i confini dell’io

Gli antichi rituali si ripetono sotto nuove forme per permetterci di ricordare e conoscere. L’io individuale ha bisogno di formarsi, identificarsi, aprirsi, morire e poi rinascere ancora in un ciclo perpetuo dove il tempo lineare non esiste. L’io individuale ha bisogno di andare oltre se stesso e riconoscersi parte del tutto.

Chi fa uso di alcool ne conosce gli effetti , l’alcool è parte fondante della cultura occidentale.

A proposito degli effetti psicotropi dell’alcool e di Dioniso.

psicòtropo agg. e s. m. [comp. di psico– e –tropo]. – In medicina e farmacologia, di sostanza che agisce sulle funzioni psichiche; per farmaci p. si intendono tutte le sostanze dotate di attività farmacologica selettiva sulle funzioni superiori del sistema nervoso centrale, che, in base agli effetti che determinano, vengono distinte nelle tre categorie principali di psicoanalettici, psicodislettici e psicolettici. Come s. m.: è un paziente che fa uso di psicotropi. http://www.treccani.it/vocabolario/psicotropo/

Dioniso: “colui che scioglie” l’uomo dai vincoli dell’identità personale per ricongiungerlo all’originarietà universale.

E’ una divinità della religione greca. In seguito fu identificato come dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi; venne quindi a rappresentare l’essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di una realtà smisurata, l’elemento primigenio del cosmo, l’irruzione spirituale della zoé greca, ossia l’esistenza intesa in senso assoluto, la frenetica corrente di vita che tutto pervade. Dio “ibrido” dalla multiforme natura maschile e femminile, animalesca e divina, tragica e comica, Dioniso incarna, nel suo delirio mistico, la scintilla primordiale e istintuale presente in ogni essere vivente; che permane anche nell’uomo civilizzato come sua parte originaria e insopprimibile. Veniva identificato a Roma con il dio Bacco (simile a Dioniso), con il Fufluns venerato dagli Etruschi e con la divinità italica Liber Pater, ed era soprannominato lysios, “colui che scioglie” l’uomo dai vincoli dell’identità personale per ricongiungerlo all’originarietà universale. Nei misteri eleusini veniva identificato con Iacco. Strettamente legato alle origini del teatro, Dioniso è il dio della mitologia greca di maggior fortuna nella cultura contemporanea, in particolare nel Novecento, dopo che il filosofo Friedrich Nietzsche, nella Nascita della tragedia, ha creato la categoria estetica del dionisiaco – emblema delle forze naturali, vitalistiche e irrazionali – contrapponendola a quella dell’apollineo.

La nascita della tragedia dallo spirito della musica, ovvero grecità e pessimismo (Die Geburt der Tragödie aus dem Geiste der Musik nella prima edizione del 1872, Die Geburt der Tragödie. Oder: Griechenthum und Pessimismus nella seconda edizione del 1886), nota semplicemente come La nascita della tragedia, è la prima opera matura del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. Concepito inizialmente come un testo di breve respiro, viene redatto e allargato su suggerimento di Richard Wagner – all’epoca amico di Nietzsche – e contiene già in nuce molti dei temi della filosofia matura del filosofo tedesco: la teorizzazione del Dionisiaco come forma di pessimismo anti-decadente, la critica al razionalismo socratico, la ricerca di una palingenesi morale della società tedesca ed europea.

“ Perché da Dioniso faccio cominciare il discorso sulla sapienza? Con Dioniso, invero, la vita appare come sapienza, pur restando vita fremente: ecco l’arcano. In Grecia un dio nasce da un’occhiata esaltante sulla vita, su un pezzo di vita, che si vuol fermare. E questo è già conoscenza. Ma Dioniso nasce da un’occhiata su tutta la vita: come si può guardare assieme tutta la vita? Questa è la tracotanza del conoscere: se si vive si è dentro a una certa vita, ma voler essere dentro a tutta la vita assieme, ecco, questo suscita Dioniso, come dio onde sorge la sapienza.
In termini pacati, Dioniso è il dio della contraddizione, di tutte le contraddizioni – lo dimostrano i suoi miti e i suoi culti – o meglio di tutto ciò che, manifestandosi in parole, si esprime in termini contraddittori. Dioniso è l’impossibile, l’assurdo che si dimostra vero con la sua presenza. Dioniso è vita e morte, gioia e dolore, estasi e spasimo, benevolenza e crudeltà, cacciatore e preda, toro e agnello, maschio e femmina, desiderio e distacco, giuoco e violenza, ma tutto ciò nell’immediatezza, nell’interiorità di un cacciatore che si slancia spietato e di una preda che sanguina e muore, tutto ciò vissuto assieme, senza prima né dopo, e con pienezza sconvolgente in ogni estremo. E alla fine questa contraddizione è qualcosa di ancora più divergente, più insanabile di quella che i Greci hanno sperimentato in se stessi. Nel contemplare Dioniso, l’uomo non riesce più a staccarsi da se stesso, come fa quando vede gli altri dèi: Dioniso è un dio che muore. Nel crearlo l’uomo è stato trascinato a esprimere se stesso, tutto se stesso, e qualcosa ancora al di là di sé. Dioniso non è un uomo: è un animale e assieme un dio, così manifestando i punti terminali delle opposizioni che l’uomo ha in sé.
Qui appunto sta l’origine oscura della sapienza. La tracotanza del conoscere che si manifesta in questa avidità di gustare tutta la vita, e i suoi risultati, l’estremismo e la simultaneità dell’opposizione, alludono alla totalità, all’esperienza indicibile della totalità. Dioniso è quindi uno slancio insondabile, lo sconfinato elemento acqueo, il flusso della vita che precipita in cascata da una roccia su un’altra roccia, con l’ebbrezza del volo e lo strazio della caduta; è l’inesauribile attraverso il frammentarsi, vive in ciascuna delle lacerazioni del corpo tenue dell’acqua contro le aguzze pietre del fondo.”
Giorgio Colli (1917 -1979), “ La sapienza greca “, Adelphi, Milano 1977 – 1980, 3 voll., vol. I (III ed., 1981), p. 15 – 16